Un uomo a dirimere liti tra due fazioni. A fare da mediatore in uno spogliatoio bollente. Dove ci si fronteggia a muso duro. In un periodo in cui volano addirittura pallottole. E allora li fa sfogare in allenamento. Dove la tensione si fa rissa e ressa. Dove tutto è concesso. Perché quello è lo sfogo della squadra.
Tommaso Maestrelli era allenatore diligente. Sempre lì a cercare di conciliare caratteri opposti. In una squadra dove scorre la bile.
Dove conta anche saper fare a botte. Come i ragazzini nel cortile a decidere chi le dà più forte. E alla minima provocazione parte la zuffa.
Ma poi quando l’arbitro fischia l’inizio, la magia si ripete uguale. Tutti uniti a magnificare una coesione insospettabile. Perché nonostante la spaccatura, tutti sono legati al “Maestro”. Che prende questi ragazzi dalla Serie B e li porta nella massima serie. E nel primo anno di Serie A perde lo scudetto all’ultima giornata. Per poi ripetersi l’anno dopo. Questa volta vincendolo. Tra lo stupore di molti. Per una squadra fatta di giocatori che vengono dalle serie minori.
Perché Maestrelli era un punto di riferimento per i suoi. Quasi un padre per chi come Chinaglia è di casa nella sua villa. Coccolato dalla famiglia che spesso lo protegge dall’ambiente esterno. In un periodo in cui le etichette di destra e sinistra portano a facili conflitti.
E poi a soffiare sulle motivazioni. A riempire di orgoglio e convinzione giocatori che la carriera ha visto personaggi secondari. Da buon psicologo. Individuando i punti di forza. Gonfiandoli come si fa con i palloni ad elio.
Nell’annata successiva al tricolore la Lazio lotta nuovamente per lo scudetto. Mostrando come ormai si sia creata una macchina con ingranaggi oleati. In cui ognuno ha un ruolo ben definito. Deciso dall’uomo in panchina che guida con mano ferma.
Ma in quell’anno gli viene diagnosticato un tumore ed è costretto ad abbandonare. Lasciando la squadra sbandata. Orfana della sua guida. Tanto che l’anno dopo rischia la B e lui, ristabilitosi, torna sulla panchina e salva la Lazio dalla retrocessione.
Il male però si ripresenterà. Questa volta definitivamente. Lasciando il ricordo di un uomo che sapeva trovare l’armonia nelle differenze. Calcio Graffiti