Parti da Milano dove tutto è piatto. Dove i palazzi e il cemento formano figure geometriche a creare angoli retti con le strade a scacchiera. Tutto un indistinto rumore di sottofondo tra i clacson e il vociare della gente. E lontano intravedi i monti. E quel verde che ti richiama alla natura. Che ti ricorda che esiste un mondo dove riposare il tuo corpo.
Così, quasi attratto da quella luce all’orizzonte, lasci la città. E il paesaggio man mano cambia. Perdendo la monotonia della pianura. Con un saliscendi che ti ravviva.
Finché non si palesa il lago. A descrivere una ypsilon tra i monti e le colline. A rifrangere i raggi del sole con il luccichio delle sue acque. E nascoste, tra alberi e insenature, ville signorili e villaggi di pescatori. E il corpo si distende in questo meraviglioso connubio tra natura e uomo.
E sulle rive del bacino si erge il “Sinigaglia”. Quasi un balcone sul lago. Come a voler mostrare al forestiero la sublime vista dagli spalti. Con le acque che quasi entrano tra le gradinate. Perché quell’elemento, l’acqua, è quello che descrive la città.
È antico il “Sinigaglia”. Il 1925 l’anno di costruzione. Chiamato “Giuseppe Sinigaglia” in onore dell’eroe di guerra che fu campione del mondo di canottaggio. Fortemente voluto dal fascismo, in quello stile razionalista così in voga in quegli anni. Ed era, allora, impianto moderno. Polisportivo. Con una corsia d’atletica e una più esterna per il ciclismo. Così da ospitare per molti anni il traguardo del glorioso “Giro di Lombardia”.
E qui ha giocato la squadra della città. Felice realtà di provincia degli anni ’80. In quello stadio talvolta troppo piccolo per ospitare la calata degli squadroni. Come in quel 15 maggio 1988 quando il Milan di Sacchi veniva consacrato con la vittoria dello scudetto. In uno stadio straripante di bandiere rossonere.
Negli ultimi 30 anni il “Sinigaglia” è stato rimaneggiato più volte. I distinti, la tribuna coperta, la curva “Azzurra” poi divenuta Curva “Como”. Sostituite da strutture a tubi che lo fan sembrare un cantiere provvisorio. Ed è sparita anche quella romantica apertura che faceva intravedere il lago dal campo. Che rimarcava il felice legame tra lo stadio e le sue acque.
Ora la città attende un intervento che faccia rinascere lo stadio. Magari grazie alla nuova ricchissima proprietà.
Per così rinnovare il matrimonio eterno tra la città, il lago e il pallone.