Periodo d’oro quello degli anni 80. Due squadre sempre a contendersi il titolo. Roma e Juventus. A simulare una battaglia culturale. L’industria nazionale che produce le auto degli italiani e la città della politica. Due visioni del mondo. Due modi di guardare alla vita.
E in questo scontro, le due squadre delle città si adornano. Si imbellettano con fantasia brasiliana e spirito artistico francese. E poi cervello e vigoria a centrocampo e piedi buoni dietro ad impostare.
I migliori prodotti di quegli anni a combattersi per il primato. A determinare dove posizionare la capitale del calcio. Come esistesse ancora un regno sabaudo che rivendica la primogenitura della nazione.
E in tutto questo sfavillare di stelle, un’anomalia sulla fascia destra.
Oddi e Favero. Gemelli separati alla nascita che il destino vuole prendere strade uguali e contrarie.
Poco dotati tecnicamente ma con grande senso del sacrificio che li vuole gregari fedeli di campioni che scortano con ammirazione e rispetto.
Una sorta di rivincita del proletariato. Con quei baffi che fanno tanto operaio della Fiat o usciere al Municipio. Ché in una squadra serve anche chi la gamba non la toglie mai. Chi sa che il cuore può andare oltre la tecnica e i piedi buoni.
Ma non è solo il cuore a spingerti avanti. Ma ancor di più la riconoscenza. Per essere arrivato lì dove non si immaginava mai di arrivare. A giocare tra chi al pallone riserva carezze da coiffeur, mentre tu ti danni nella marcatura stretta. Perché quello è il compito che ti è stato assegnato.