Come la squadra fosse un corpo. E loro i cervelli. Che guidano e direzionano. Rallentano e accelerano. Dirigono quella macchina con la sapienza dell’esperienza e la lungimiranza del visionario.
Lì nel mezzo a raccogliere i palloni. E a dare forma al gioco. Costruendo ragnatele e donando geometria. Col lancio lungo e il passaggio corto. Muovendo il pallone. Come lo scacchista muove i pedoni. Spostando il baricentro della squadra. Loro, il centro di gravità che attrae palloni e idee.
Registi li chiamano. Ad evidenziare creatività e comando. A coniugare l’impossibile: l’ordine e la fantasia. Talvolta nell’ombra. A disegnare un lavoro oscuro.
Di Gennaro e Matteoli: due registi che hanno donato identità alle loro squadre. Che con fare silenzioso hanno plagiato le loro compagini. Dando forma alle idee dei loro allenatori.
Di Gennaro col Verona dei miracoli. Matteoli con l’Inter dei record. Mai sotto le luci dei riflettori. Ma indispensabili perché l’idea si affermasse. Perché le individualità diventassero un collettivo. Perché undici giocatori conquistassero la dignità di squadra.
Molto dotati tecnicamente. Senza i lazzi del fantasista col suo rapporto ludico col pallone. Ma “numeri dieci” che hanno sacrificato il loro estro in nome del gioco.
Onorate carriere entrambi. Anche nelle squadre della propria terra. Fiorentina e Cagliari. Di Gennaro ad inizio carriera. Matteoli per chiuderla. Ad aggiungere cuore alla professione.
Loro facevano parte di quella razza votata alla causa. E per questo i più amati dagli allenatori. Capaci di rendere reali le idee scritte su un foglio. Di dare forma ai numeri.