Avete presente i campetti di campagna? E quell’amico che da bambini voleva fare il fenomeno? La palla tra le gambe, il doppio passo alla Ronaldo, il gol di culo sulla linea di porta. Sempre lì a cercare di beffare il prossimo. Perché aveva piedi buoni lui. E doveva dar sfogo alla sua fantasia per rompere la monotonia del gioco.
Così Massimo Palanca si avvicinava alla bandierina. E la sua mente cominciava ad architettare traiettorie. Intanto in area ci si strattonava. Il difensore teneva per la maglia l’attaccante. L’attaccante rispondeva con piccole gomitate nella pancia, impercettibili agli occhi dell’arbitro. E il portiere era pronto ad uscire prendendo a cazzotti la palla. Per liberare il suo territorio. Ma Palanca guardava tutto e nel frattempo elaborava un’idea malsana. Con la sensibilità del suo sinistro creava una parabola anomala. La palla partiva altissima per poi abbassarsi all’improvviso, in prossimità della traversa. E tra lo sgomento di tutti si insaccava. Col portiere coperto di vergogna. Ché quella è la tua casa e nessuno deve profanare la tua casa.
Massimo Palanca era così. Estroso. Con quel piedino 37. Con scarpe da bambino e quei baffoni che volevano mostrare la sua maturità. Sgusciante e rapido. Sempre alla ricerca di una palla da attaccare e un’occasione da inventare.
Ha preso casa a sud. A Catanzaro. Dove è diventato il sindaco che la città non ha mai avuto. La città lo ha amato e lui ne ha ricambiato l’affetto perché lì ha trovato la sua dimora. In quella terra e tra quelle persone che ti guardano prima con diffidenza, ma poi ti coprono di affetto quando ti conoscono.
Ha provato a sbarcare in altri lidi per conquistare quel palcoscenico che il suo talento avrebbe meritato ma poi è sempre tornato lì dove si sentiva a casa. Dove la gente lo guardava con rispetto e gratitudine.
E lui avvolto da questo clima, ha deciso che lì avrebbe concluso la sua parabola.
A loro avrebbe consegnato il suo cuore. Calcio Graffiti
Record: 13 gol da calcio d’angolo in carriera