Esiste un calcio prima di Johan Cruijff e un calcio dopo Johan Cruijff. Perché il campione olandese ha le stimmate della rivoluzione.
L’Olanda e l’Ajax degli anni ’70 inventano dal nulla un calcio che non c’era. Ne fanno un altro sport. Le sacre regole del pallone vengono violate. Un sacrilegio. Non più fissità e interpretazioni rigide del ruolo ma movimento, cambi di posizione e occupazione dello spazio. Il dinamismo contrapposto alla staticità.
E lui non è solo l’inteprete della rivoluzione arancione ma ne è il simbolo con quel numero che una volta era riservato ai panchinari. Un numero che non è accettabile perché si arrivava fino ad 11.
Lui è il 14. Un numero che non è un numero perché i ruoli non esistono più. E quindi te lo trovi davanti alla difesa ad impostare e dopo qualche secondo nell’area avversaria a finalizzare. È dappertutto.
Lui non è un interprete del calcio totale, LUI È IL CALCIO TOTALE. E poi in campo con quella presenza dominante che vede prima l’azione, la immagina, la teorizza e poi la mette in pratica. Sa sempre dove andrà l’avversario e con un cambio di passo regale lo dribbla usando semplicemente il corpo come in una danza ipnotica.
Avrebbe potuto scegliere con la sua classe di ritagliarsi un ruolo di rilievo da fantasista in una grande squadra e invece ha deciso di fare il rivoluzionario. E rivoluzionario lo sarà per tutta la vita, anche quando smetterà i calzoncini e indosserà la giacca da allenatore.
Il suo Barcellona si inventa una difesa a tre che era un sacrilegio nelle regole precostituite del pallone. Come si potrebbe mai difendere sulle fasce? Chi deve scalare?
Ma lui sa interpretare il futuro e capisce che le regole sono fatte per essere cambiate. Così offre una nuova interpretazione del calcio totale che dona spettacolo al mondo.
Quando guarderete una diagonale difensiva, sappiate che è frutto di una rivoluzione che porta capelli lunghi e il numero 14: il suo nome è Johan Cruijff. Calcio Graffiti
Record: 48 Presenze con l’Olanda 33 gol