Quella chioma bionda che fluttuava in campo accompagnata dalla folta barba.
Come di vichingo approdato dal mare e inoltratosi tra le valli a far razzia. E poi, una volta arrivato nella città, si innamora della gente e del suo calore. E non riesce più a staccarsene perché quella barba e quella chioma diventano simboli di atalantinità.
Quel look barbaro diventa metafora d’indipendenza e forza. Quella che mette in campo in una retorica di orgoglio e sacrificio. Non toglie mai il piede, non rinuncia mai ad un inserimento. Nulla di intentato. Cuore latino per lui che viene da quelle lande dove la neve non si scioglie fino a primavera.
L’Atalanta cambia lui e lui cambia l’Atalanta. E ne diventa il capitano. Il condottiero. Pare quasi di vederlo a prua di una nave vichinga che chiama all’arrembaggio.
Ottimo centrocampista è stato Glenn Stromberg. Di quelli che sai sempre dove stanno per poter passare palla.
Con quella consapevolezza che il calcio è uno sport di squadra. E allora ci vuole un leader o meglio un capitano a ricordare che si vince in 11, che si rema tutti nella stessa direzione, che bisogna sempre aiutare il compagno in difficoltà. Ancor di più quando si perde. Quando nello spogliatoio serpeggia il silenzio. E nessuno si prende la responsabilità di rompere quel silenzio. Lì è necessario un capitano.
È stato uomo di cuore Stromberg, strano per uno venuto dal freddo. Calcio Graffiti
Record: 219 presenze nell’Atalanta 18 gol