Mentre gli altri urlano e si dimenano per imporsi, tu usi la bontà per comandare. Cercando sempre la mediazione e il buon senso. Senza mai prevaricare. Senza mai approfittare delle debolezze altrui. Ma credendo nelle capacità dei tuoi uomini.
Gigi Simoni era un uomo buono. Capace come pochi di cementare gruppi di uomini. Di far diventare una massa confusa di individui una squadra. E solo con la forza del convincimento. Con il dialogo. Senza mai eccedere in personalismi. O in esibizioni di potere.
Bravo psicologo. Sempre attento alle esigenze di ogni singolo calciatore. Capace di valorizzare le qualità di ognuno. Tanto che molti dei suoi ragazzi lo definiranno un padre. Come si fa con chi ti insegna la vita oltre che il pallone.
Considerato mago delle promozioni. A peregrinare tra la provincia. A Genova, a Brescia, a Cremona, a Pisa. A vincere nella serie cadetta. Lì dove il calcio è un mestiere difficile. Sempre con la stessa impostazione. Sempre con volto rassicurante che induce alla serenità. Che ti conduce alla battaglia con la calma.
E poi finalmente la grande opportunità. L’Inter. Insieme a quello che tutti chiamano “Il Fenomeno”. Perché difficilmente si è visto uno così forte sui campi di calcio. E anche qui punta sul gruppo. Sulla sua coesione. E il maestro della provincia lotta per lo scudetto. Con una squadra che non fa spettacolo ma è un gruppo coeso. E con Ronaldo che da solo gioca contro le difese avversarie.
Vince una Coppa Uefa. Il campionato no. E per una volta perde anche le staffe. Lui che era l’immagine stessa della correttezza. Nella famosa partita del rigore di Ronaldo. Espulso per le vibranti proteste. Quasi irriconoscibile nella sua manifestazione di rabbia. È stato un uomo giusto Gigi Simoni. Uno che si è meritato il rispetto di un mondo schizofrenico come quello del calcio. Perché rappresentava una felice eccezione. Quella di un uomo buono al comando.