Sempre mal digerita. Da sempre snobbata. Tenuta in considerazione solo nelle fasi finali. Magari per salvare stagioni fallimentari. O per far giocare panchinari insoddisfatti. Di certo da sempre bistrattata.
Caso unico nel vecchio continente. Perché nelle altre nazioni la coppa nazionale rappresenta la festa del calcio. Che unisce dilettanti e professionisti. In nome di un’idea plurale dello sport. Dove anche le grandi si ritrovano su campetti di provincia a fare di una partita un evento memorabile.
Quella italiana è sempre stata un’anomalia. Non è una caratteristica del calcio moderno. Però negli ultimi anni c’è qualcosa di più.
Per prima cosa si è persa l’”universalità”. Le partecipanti si sono ridotte a 44. Lasciando fuori quasi l’intera Serie C. Trasformando la manifestazione che racchiudeva l’intero mondo calcistico in una parata per le grandi squadre.
Seconda cosa: si è persa la “democraticità”. La formula prevede che le “grandi” entrino in tabellone solo agli ottavi. E questo accesso risulta anche facilitato. Perché le big giocano in gara unica in casa. Si vedono grandi squadre giocare contro formazioni di Serie B avvantaggiate anche dal fattore campo. Quella che potrebbe trasformarsi in un’effervescente festa di pubblico si tramuta in un evento sacrificale. Una decisione a nostro avviso assurda.
Ormai la Coppa Italia è diventata una manifestazione ad uso e consumo delle televisioni che spingono per avere incontri di cartello nelle fasi finali. Poco importa la palese ingiustizia verso le piccole del nostro calcio.
Eppure sarebbe così facile donarle dignità.
Per prima cosa si potrebbe far giocare le grandi dai primi turni. D’estate. Quando il calcio giocato è ancora in letargo. Magari rinunciando a quelle soporifere amichevoli estive. In gara unica sui campi della compagine più debole. Immaginate un Barletta Juventus che festa di popolo sarebbe.
Poi si potrebbe assegnare un posto in Champions alla vincitrice. Così non sarebbe più il torneo delle seconde squadre. E idealmente si ripristinerebbe il sogno. Quello di una piccola squadra di provincia di accedere al più prestigioso torneo continentale.
Il calcio va verso un’altra direzione. Il modello americano. Grandi leghe con grandi squadre. E in questa visione le coppe nazionali saranno sempre più snobbate.
Perché la democrazia della coppa nazionale mal si concilia con gli interessi dei potentati calcistici.