Quando si rimane confinati nel proprio piccolo mondo, capita che ci si prenda troppo sul serio. Come se quel mondo sia tutto il mondo. Ed ogni avvenimento diventi d’importanza capitale. Descritto con lo stesso rigore con cui si descrive un attentato o una tragedia.
Poi arriva qualcuno che a quel mondo non appartiene. Ma lo guarda da appassionato. Come un innamorato del pallone. E allora lo tratta con distacco e passione. Con la leggerezza di chi lo vede come un gioco. E come gioco rappresenta la vita. Con i toni della commedia. Non del dramma.
Così Raimondo Vianello nel 1991 prende la conduzione di Pressing. E presta la sua arte scenica al calcio. E con ironia sorvola su polemiche, urla e strepiti. Orchestrando gag e macchiette mutuate dal suo infinito repertorio comico. Canzonando alla moviola il povero Pistocchi. Che senza volerlo gli fa da spalla. O coinvolgendo le vallette in una rivisitata Casa Vianello. Riproponendo la scenetta dell’uomo contro la donna.
Ma allo stesso tempo autorevole. Anche nei commenti tecnici. Con gli ospiti che lo rispettano come fosse un decano dei giornalisti.
Per poi tornare al sorriso con la battuta che spettina l’opinionista serioso o il calciatore troppo intento nella sua missione. Un capocomico più che un conduttore. Che conosce le leggi dello spettacolo.
E che riconduce tutto alla natura essenziale del calcio. Quella di essere un gioco.
E come ogni gioco ha bisogno di levità. Perché il lunedì si ritorna alla vita reale.