Ci sono uomini chiamati ad aggiustare le cose. A mettere in ordine. A dettare delle regole lì dove regna il caos. Perché loro sono uomini di mondo e troveranno la soluzione. A qualsiasi costo.
Nedo Sonetti era così. Il “traghettatore” per eccellenza. A condurre le squadre su lidi più sicuri. A rappresentare l’ultima speranza. Quando ormai la speranza diventa merce rara.
Chiamato sempre in situazioni critiche. Sull’orlo del baratro. E lui con quella faccia da stopper arcigno a scavare tra le motivazioni. A raccogliere briciole di fiducia. E a rinverdire i valori dell’impegno e del sacrificio. Senza voli pindarici. Ché quello di allenatore è un mestiere. Non una missione.
Viaggiando per la provincia. Da Nord a Sud. Tra la Serie B e i bassifondi della Serie A. Lui che qualche campionato di pregio l’ha vissuto. Come quell’Atalanta degli anni 80. O le 5 promozioni in A. Ma più gestore delle crisi. Con quell’aspetto da sergente di ferro. A cui dare del lei per timore.
Uomo schietto. Come quella Toscana che gli ha dato i natali. A barcamenarsi tra presidenti bizzosi. Cellino, Zamparini, Rozzi. Mantenendo sempre la dignità di uomo tutto d’un pezzo.