Se andate a Madrid e decidete di farvi un giro allo stadio per visitare il museo, sarete travolti. Travolti dalla storia che si palesa. Tra coppe e palloni d’oro. E l’idea che il destino del calcio passi sempre di lì. Anzi che debba sempre passare di lì.
E c’è un uomo che ha reso possibile tutto questo e si chiama Santiago Bernabeu. Lo stesso nome dello stadio. Fin dal 1955, quando viene ribattezzato in suo onore. Lui che presidente lo è dal 1943 fino al 1978.
Con l’idea di fare del Real la squadra delle stelle. La squadra per cui tutti vorrebbero giocare. Perché quella è la realizzazione di una carriera. È la consacrazione di una vita dedicata al calcio.
E allora il presidentissimo comincia a collezionare calciatori. Tutti i migliori della loro generazione. I Di Stefano, i Puskas, I Kopa. E se vede un giocatore avversario che lo impressiona, quel giocatore sarà suo. Ad arricchire la sua bacheca di figurine.
Esportando il mito fuori dalla nazione. Per conquistare l’Europa. Per ben 5 volte consecutive. Lui che è tra i propugnatori della Coppa Campioni.
È così che il Real è diventata la squadra dei Galacticos. Annoverando palloni d’oro e fini interpreti del possesso palla. Con uno stadio che diventa sempre più grande per ospitare un tifo abituato al tocco di palla delicato e alla giocata spiazzante. Li educa lui al palato fine.
Perché se giochi con la “camiseta blanca” il pallone deve essere sempre incollato al piede. Ché qui si vuole godere mentre si vede la partita. E sentirsi dominatori nel campo.
Quest’uomo ha creato un’idea che ha superato generazioni ed è diventata eredità del club.