Capitava in quei giorni d’estate, quando la scuola era finita, che si scendesse in cortile per incontrare gli amici. Un giro in bicicletta tra le campagne, giocare a palline o la più classica delle partite a pallone; queste erano le alternative.
Allora incontravi il primo che vagava solitario tra le piante a cercare chissà che cosa e si decideva di andare a “suonare” i citofoni per rimpolpare il gruppo. Quando si era raggiunta la decina si optava per la partita di pallone ché alle 10 di mattina ci sta proprio bene.
Rimaneva un problema fondamentale: chi porta il pallone? Noi li avevamo bucati tutti e l’ultimo ce l’aveva tagliato con le forbici la signora sul cui muro avevamo fatto la porta; ché lì aveva il soggiorno e gli tremava tutto il servizio buono quando tiravamo le bombe.
Andavamo allora a citofonare a quello sfigato che aveva il Tango; lo chiamavamo solo perché aveva il pallone visto che non sapeva giocare e piangeva sempre se gli tiravi addosso. Ma la mamma non lo faceva scendere perché doveva fare i compiti per l’estate.
Non rimaneva che l’ultima, estrema alternativa: il SUPERSANTOS. Lo conservavamo nel sottoscala del palazzo tra le biciclette e le mattonelle del “signore di sopra”.
Lì in un cantuccio, sgonfio per l’usura o per il troppo sole. Il supersantos non ti abbandonava mai, si riduceva ma alla fine resisteva e ti dava sempre l’ultima opportunità. Il parente ricco del Supertele, disegnava traiettorie imprevedibili. Un tiro ad uscire se lo tiravi d’interno, un tiro a rientrare se lo calciavi d’esterno.
Sfidava bellamente le leggi della fisica; una sorta d’elogio della resistenza all’aria. E di pura resistenza era costituito, visto che più cercavi di aumentare la potenza dell’impatto più lui ti rispondeva con un tiro che cadeva ad un metro da te. Poteva partirti una rotula perché era come calciare all’aria. Quasi si beffava di te. La strategia più conveniente con lui era quella di partire in dribbling e arrivare col pallone in porta col classico gol di culo a “scherzare” l’avversario; sì vabbé, ma chi è in grado?