Io voglio piacere alla gente. Anzi. Voglio che la gente mi adori. Che quando mi vedono dicano VOGLIO ESSERE COME LUI.
Silvio Berlusconi voleva essere il centro del mondo. E quel mondo voleva costruirlo a sua somiglianza. Un sole al centro e pianeti satelliti che gli girassero attorno attratti dai suoi raggi.
Così comincia ad alimentare i sogni della gente. A cercare di soddisfare i loro bisogni per poi generarli, i bisogni. Prima con l’edilizia. Poi con un impero televisivo in cui crea un mondo dove l’idea del consumo diventa bulimica. E la società si adegua.
Poi in un moderno “panem et circenses” si lancia sul pallone. Ma non semplicemente per fare il proprietario ricco con il suo giocattolino come hobby della domenica. No. Lui lancia una visione. Pensa ad una squadra che sia un’azienda. Che come un’azienda curi la comunicazione, i profitti e le risorse.
Ma di più. Che sia un modello. Che rappresenti un’idea in cui tutti possano rispecchiarsi. E allora compra a prezzi fuori mercato giocatori che poi mette al servizio di un calcio che sia propositivo e organizzato. Perché la squadra non deve solo essere vincente ma deve essere bella. Deve campeggiare nella storia come la più bella. Capace di arrivare sul tetto del mondo con una visione estetica lontana dai paradigmi del calcio sparagnino giocato in Italia.
Veniva dalla Milano da bere il Berlusca. E di quel contesto lui rappresenterà il frutto più maturo.